MOGLIE CHIUSA IN CASA E’ UN REATO
Costringere la moglie a vivere chiusa in casa controllata da una telecamera è violenza privata.
Lo ha stabilito la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione confermando l’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva disposto la misura cautelare del divieto di dimora dello stesso comune di residenza della moglie nei confronti di uomo accusato del reato di violenza privata.
L’indagato aveva infatti obbligato la moglie a modificare le proprie abitudini di vita, rinunciando ad uscire a piedi e, comunque, a limitare le proprie uscite, a vivere chiusa in casa, controllandola continuamente attraverso una telecamera esterna appositamente installata, e pretendendo la compagnia della madre nelle notti in cui era impegnato in turni di lavoro notturni.
Il Giudice per le indagini preliminari aveva respinto la richiesta di applicazione della misura
degli arresti domiciliari avanzata dal Pubblico Ministero, non ritenendo ravvisabili
nella fattispecie gli estremi del reato di violenza privata, la richiesta di misura cautelare,
anche se limitata al divieto di dimora, era invece stata accolta dal Tribunale del Riesame.
La Suprema Corte, respingendo il ricorso dell’indagato che sosteneva che le limitazioni imposte alla moglie erano frutto di attenzioni amorose ha ravvisato gli elementi del reato di violenza privata, in quanto il comportamento del marito non aveva nulla a che fare con le “attenzioni amorose”, ma era diventato un sistema di reiterare molestie e minacce tali non solo da costringere la persona offesa ad un radicale cambiamento del suo regime di vita, ma a tollerare anche pesanti intrusioni nella sua vita privata e nella sfera della sua riservatezza.