CARRO ATTREZZI PER RIMUOVERE L’AUTO

Il singolo Condomino è privo di legittimazione a stipulare con la ditta di soccorso stradale, nel suo esclusivo interesse, il contratto per la rimozione del veicolo in sosta nell’area comune condominiale.
L’incarico di rimuovere l’autovettura, infatti, deve essere conferito solo dall’Amministratore, nell’interesse della collettività condominiale.
Nella specie, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza del Giudice di Pace con la quale la convenuta ditta “ Soccorso Stradale … “ era stata condannata alla restituzione della somma di € 150,00 sborsata dal proprietario del veicolo per rientrarne in possesso, oltre interessi legali.

SOSTA DI MOTORINI E BICILETTE VIETATE NELL’ANDRONE

Premesso che l’androne di un edificio deve essere adibito, salvo patto contrario, esclusivamente alla sua destinazione naturale, ovvero al transito delle persone per accedere negli alloggi, il fatto che gli inquilini che, in assenza di una specifica pattuizione in proposito, parcheggiano abitualmente ed abusivamente i motocicli e biciclette nell’androne suddetto, determina l’insorgere, in capo al proprietario dell’edificio e/o dell’Amministratore, del diritto di richiedere l’inibizione dell’utilizzazione di quello spazio a garage per il ricovero di biciclette e motorini.

TUTTI I CONDOMINI RISPONDONO PER I DANNI DA SCARSA LUCE

Le norme sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e sull’abbattimento delle barriere architettoniche prevedono disposizioni sull’illuminazione delle rampe di scale.
In ogni caso, il Condominio risponde ex articolo 2043 del Cod. Civ. per gli eventuali danni subiti da terzi a causa della scarsa illuminazione di una scala comune condominiale.

VIETATO REGISTRARE DI NASCOSTO LA RIUNIONE DI CONDOMINIO. LE INFORMAZIONI RACCOLTE NON VALGONO COME PROVE

Deve ritenersi vietata la registrazione di una riunione di condominio effettuata in maniera occulta da un singolo condomino, senza il previo consenso informato di tutti i partecipanti.
Il caso nasce dalla citazione di una Signora, che evocando in Giudizio il Condominio, chiedeva di annullarsi una delibera assembleare ritenuta invalida per una serie di motivazioni.
Asserzioni che la donna ritiene dimostrate grazie alla registrazione della riunione assembleare da lei effettuata.
Per il Tribunale l’attrice non ha adempiuto l’onere della prova a suo carico in quanto la registrazione dell’Assemblea è stata da lei effettuata senza previa autorizzazione e dunque non risulta utilizzabile e pertanto la sua richiesta viene rigettata, rimanendo valida ed efficace la delibera impugnata.

IL CONDOMINIO RISPONDE PER LA BUCA NON SEGNALATA SUL SUO MARCIAPIEDE

Lo stato di evidente dissesto della strada non può valere come una sorta di garanzia di irresponsabilità dell’amministratore e neppure eliminare il suo obbligo di segnalare e transennare l’area.
Il Condominio risponde quindi delle lesioni provocate dalla vittima dalla caduta mentre scendeva dalla macchina, sul tratto di marciapiede di sua appartenenza, senza che le condizioni dissestate della strada possano valere come scusante per l’incuria.

LE MOLESTIE IN CONDOMINIO SONO ”STALKING”

E’ guerra senza quartiere al reato di stalking, ora sdoganato anche nel contesto condominiale.
Deve infatti essere punito ai sensi dell’articolo 612-bis del Codice Penale chi molesta ripetutamente i condomini di un edificio, in maniera tale da provocar loro uno stato di ansia.
E’ quanto disposto dalla Corte di Cassazione con la quale i giudici, respingendo il ricorso presentato da un soggetto, hanno precisato che ai fini del riconoscimento del reato di stalking non è necessario che il comportamento persecutorio sia tenuto verso una stessa persona.

Nel Codice Penale l’articolo 612-bis, recita: “ Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia e paura, ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

Secondo i Giudici in base al pensiero della Corte, deve essere presa in considerazione anche l’ansia nonché il turbamento che una condotta persecutoria può generare nei confronti dei singoli condomini anche non direttamente oggetto degli stessi atti persecutori.

NEL CONDOMINIO DI PRESTIGIO LE PAROLACCE SONO VIETATE

La Cassazione: turpiloquio da “assolvere” solo se in ambiente volgare
Le parolacce, se pronunciate in un ambiente di basso livello culturale, per così dire “coatto”, possono essere assolte.

Per valutarne, infatti, la “portata offensiva”, sancisce la Corte di Cassazione, bisogna tenere presente “il tipo di ambiente” dove sono state dette.
Tante volte la Suprema Corte è intervenuta sulla “dilagante volgarità” della gente, ma questa volta i giudici sentono la necessità di fare un distinguo, sostenendo in buona sostanza che il linguaggio sboccato se ha sicuramente una valenza “offensiva” in un ambiente frequentato da “persone di un buon livello culturale” dove queste espressioni non sono “di uso comune”, può non essere recepito con la stessa valenza negativa in un ambiente socialmente modesto.

Ad indurre i giudici supremi ad intervenire sulla “involuzione del linguaggio in uso tra i cittadini italiani che, per effetto dei mezzi di comunicazione di massa, è divenuto sempre più volgare con continui ed inutili riferimenti alla sfera sessuale”, la vicenda di due condomini vicentini che, dopo l’ennesima lite, avevano dato in escandescenza.

In particolare, A.U. era stato denunciato da F.G. inquilino di un “condominio frequentato da persone di buon livello culturale” che si era sentito offeso nella dignità dalla frase a lui rivolta ‘testa di c…’.
Un’espressione sicuramente “volgare” aveva detto il Tribunale ma non certo “idonea a ledere l’onore ed il decoro della parte offesa”.
E così il signor A. U. si era visto assolvere dall’accusa di ingiuria, sino alla sentenza della Cassazione che, operando un distinguo dell’ambiente residenziale, ha annullato l’assoluzione condannando lo sboccato.

“Gattaro” di condominio fermato dal Tribunale

Inibito dalla Corte d’Appello il “gattaro” del condominio che lascia il mangiare ai gatti, con i felini liberi di girovagare per l’edificio.

Nel caso in questione la quarta sezione civile della corte capitolina, ha accolto l’azione possessoria del vicino stanco delle ciotole di cibo lasciate in prossimità del suo garage, che lo costringono a stare con le finestre chiuse per evitare che gli animali possano entrare anche nel suo appartamento: l’attività del singolo proprietario esclusivo amante dei gatti, per quanto “apprezzabile”, costituisce comunque una molestia.

I giudici dell’appello hanno ritenuto persuasive le testimonianze di coloro che avevano potuto assistere al libero scorrazzare dei gatti randagi all’interno del condominio e sino alla proprietà del vicino esausto da un’attività perfettamente lecita per il singolo proprietario affezionato alle bestiole e in teoria consentita dal regolamento condominiale.

Se però, rilevano i togati, che tale “attività è animata da apprezzabile intenzione e da comprensibile e condivisibile amore per gli animali”, tuttavia nel caso di specie è configurabile la “molestia possessoria” perché la presenza dei randagi limita gli altri condomini nel loro possesso sugli immobili, ad esempio quando il vicino è costretto ad assumere contromisure contro i felini vagabondi nel fabbricato.

Per non parlare degli escrementi lasciati sulle auto in sosta.
Inibita, quindi, la possibilità di lasciare il cibo per i gatti randagi in prossimità dell’appartamento del vicino.

Suocera via di casa, se resta è violazione di domicilio. La nuora, se vuole, ha diritto di estrometterla.

La Cassazione dichiara “guerra” alle suocere e , con una sentenza della Quinta sezione penale, stabilisce che quando la coppia è separata di fatto e la suocera continua con ostinazione a rimanere nell’ormai ex nido coniugale, rischia una condanna per violazione di domicilio. In altre parole, la nuora ha il sacrosanto diritto di estromettere la suocera di casa.

Applicando questo principio la Quinta sezione penale ha convalidato una condanna per violazione di domicilio nei confronti di una suocera , ormai novantenne che, con la scusa di dovere assistere al figlio ricoverato in ospedale, si era piazzata, armi e bagagli, nella casa coniugale ormai abitata dalla sola nuora, , dal momento che il marito -figlio dell’anziana- ancora prima del giudizio del giudice civile, aveva abbandonato il nido coniugale trasferendosi in altra città.

In primo grado la signora era stata addirittura condannata a sei mesi di reclusione in base al reato punito dall’art. 614 c.p.. pena ridotta a quattro mesi dalla Corte d’appello.

Quasi inutile il ricorso della suocera in Cassazione; Palazzo di Giustizia ha ricordato che “nel caso in cui, all’esito di una separazione di fatto, uno dei coniugi abbia abbandonato l’abitazione familiare; trasferendosi a vivere altrove, l’unico titolare del diritto di esclusione dei terzi va individuato nel coniuge rimasto nell’abitazione familiare, con conseguente configurabilità del delitto di violazione di domicilio nei confronti di chi vi si introduce o vi si trattiene contro la volontà espressa o tacita di quest’ultimo ovvero clandestinamente o con l’inganno, ivi compreso il coniuge trasferitosi a vivere altrove”.

Unica consolazione per l’anziana suocera sarà la sospensione condizionale della pena, concessa dalla dalla Corte d’Appello nel prossimo giudizio.